domenica 25 marzo 2018

Nello stesso piatto


Leggendo la corrispondenza tra Marx ed Engels, ma anche quella di altri personaggi del XVIII e XIX secolo, si può ravvisare con sorpresa quanto fosse efficiente e rapido il servizio postale d’allora. Non solo tra Londra e Manchester, ma anche tra Londra e Parigi, e, ad esempio, tra quest’ultima e la Russia! Non è infrequente leggere, nello scambio tra i due amici, frasi sul tipo: “Devo chiudere questa lettera perché tra poco parte la posta e vorrei che questa sera tu ricevessi ciò che vi ho accluso”.

Il Settecento e l’Ottocento sono stati i secoli per eccellenza della corrispondenza epistolare. Il perfezionamento della tecnica postale e il miglioramento della viabilità e dei mezzi di trasporto (nel XVIII, per es., l’introduzione delle sospensioni nelle carrozze) favorì lo sviluppo della cultura epistolare, l’arte dello scrivere lettere. Il miglior manuale, in tal senso, fu la letteratura; ne è esempio Tatjana che scrive ad Onegin una lettera “così sincera e palpitante di ingenuo entusiasmo” composta esclusivamente di citazioni letterarie (a proposito di “prestiti”). 

Oggi non si scrivono quasi più lettere, e anche in tal caso ci si limita a notificare lo stretto necessario. Si scrivono “mail” e s’inviano miliardi di messaggi dai cellulari, su twitter ci si scambiano battute, spesso invettive, e su FB la comunicazione non è molto dissimile. S’è enormemente allargata la platea degli scriventi, e ciò costituisce un progresso, ma d’altro lato la cultura epistolare s’è estinta e la scrittura in generale conosce un decadimento senza precedenti.

C’è però un tratto in comune tra la comunicazione epistolare di un tempo e lo scambio attraverso le tecnologie odierne: l’intercettazione delle nostre comunicazioni e l’utilizzo dei nostri dati. Dal XVIII secolo – ma fin dai tempi più remoti – s’impose il “vaglio” sistematico della corrispondenza con la costituzione del cosiddetto “ufficio nero”, ossia un vero e proprio servizio di spionaggio sulla corrispondenza. Non di rado le lettere venivano ricopiate e passate agli organi di polizia.

Se ne lamentarono spesso anche Marx ed Engels, ma va notato che in tutta Europa funzionava questo “servizio”. Quando un dignitario straniero si lamentò con Caterina II che le sue lettere arrivavano dissigillate, la zarina fece le sue rimostranze al direttore delle poste, il quale rispose: impossibile, i miei ragazzi aprono le lettere in modo che nessuno possa accorgersene.

Ameno fino a tempi recenti i servizi segreti italiani e il ministero dell’interno (ma ovviamente l’esempio può essere esteso ad ogni Paese) avevano all’interno del servizio postale una fitta rete di referenti, così come centri d’ascolto telefonico gestiti da militari (reparti sotto la denominazione di “guerra elettronica”) e in Sip-Telecom da personale civile.

A quest’ultimo riguardo, dopo che negli anni scorsi è emerso lo scandalo per le intercettazioni telefoniche da parte di tutte le agenzie di spionaggio Usa (ma anche UK, francesi, eccetera), la faccenda della Cambridge Analytica può far solo sorridere. Ed è sintomatica la motivazione con la quale il presidente della commissione Commercio, il repubblicano John  Thune, ha “invitato” Mark Zuckerberg a dire la sua “per capire meglio come la società stia pensando di riguadagnare la fiducia persa, mettere al sicuro i dati degli utenti e smetterla con risposte blande ad una gamma di problemi”.

I “problemi” sono dati dal fatto che delle società private inzuppano il pane nello stesso piatto delle agenzie di intelligence.



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