mercoledì 20 gennaio 2016

La parolina tabù


Crollano le borse, come del resto annunciato e facilmente previsto da mesi. Sui motivi del crollo c’è ampia scelta di motivazioni. Ve ne fosse uno che dicesse: è il capitalismo, bellezza. Non sarebbe uno scandalo, ma servirebbe a mettere il discorso sul binario giusto. Chi può dire di queste cose oneste su un giornale o in televisione?

Tuttavia prevedo che tra non molto – mesi, anni, lustri, non importa – si tornerà a pronunciare, obtorto collo, la parola tabù.

Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), citata nel sito del World Economic forum, complessivamente i disoccupati globalmente considerati sono 200 milioni. Se non siete tra questi poveracci e godete di buon reddito, della cosa, per ora, probabilmente v’interessa un fico.

La classe dominante (esiste, o non risulta neanche questo?) riunita a Davos prevede da qui al 2020 altri milioni di disoccupati nelle 15 economie più sviluppate ed emergenti (pari al 65% della forza lavoro mondiale), ossia altri 5,1 milioni di posti di lavoro in meno.

«Senza azioni urgenti e mirate compiute oggi tali da gestire la transizione a breve termine e costruire una forza lavoro con capacità “a prova di futuro”, i governi dovranno fronteggiare la crescita della disoccupazione, della diseguaglianza e delle imprese con una base di utenza calante.»

Non avevo mai sentito chiamare gli schiavi "base d'utenza". Soprattutto i governi dovranno preoccuparsi del crescente “disordine” sociale. Ad ogni modo non avranno difficoltà a gestirlo e incanalarlo.



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