mercoledì 18 dicembre 2013

Illusioni online



Non inattesa e però corale è stata la levata di scudi contro la cosiddetta web-tax, e sarebbe il caso di chiedersi perché. L’emendamento, poi ritirato, era un tentativo di tassare le multinazionali che con strategie di contabilità fiscale complesse sfruttano le scappatoie fiscali e le differenze nelle aliquote d’imposta tra i paesi d’Europa. In tal modo – tra l’altro – esse possono praticare prezzi di mercato più favorevoli fino a quando hanno raggiunto il monopolio in un determinato settore di attività, cosa peraltro già abbondantemente avvenuta.

Si può criticare quanto si vuole l’emendamento, ma sostenere, come hanno fatto certi, che si tratta di un’iniziativa “ridicola” perché avrebbe avuto ricadute negative per le piccole aziende e le start-up se queste fossero state costrette, per vendere i propri servizi in Italia, ad aprire una partita Iva, questo sì che è veramente ridicolo. Poi ci lamentiamo che le imprese italiane operanti in questi settori non sono concorrenziali, non sono innovative e licenziano invece di assumere.

Non c’era da farsi illusioni su quell’emendamento, così come non c’è da farsene su una futura legislazione europea che metta in qualche modo in paro le cose. Non c’è insomma da aspettarsi alcunché da parte della classe politica italiana e internazionale imbevuta di teorie cervellotiche e sottomessa agli interessi di classe che promuove. Se qualche tiepida legge verrà fatta passare in futuro, sarà per concessione e allo scopo di mettere qualche toppa a giganteschi buchi di bilancio statale.



Resta il fatto che mentre si tagliano welfare, salari e pensioni, le grandi società, perlopiù americane, che realizzano enormi profitti online, non pagano imposte nei paesi nei quali commercializzano i propri prodotti e servizi, e poi quei soldi li trasferiscono nei paradisi fiscali come le Isole Cayman, Bermuda, ecc, evitando di pagare le tasse statunitensi la cui aliquota è ben del 35% sui guadagni all’estero.

Tutto questo è ben noto e accettato. Ciò che va rilevato, a mio avviso, di là delle diatribe di carattere fiscale come questa, è l’enorme trasferimento di surplus dai paesi nel quale esso viene generato verso località off-shore, per poi essere reinvestito in speculazioni finanziarie e attività consimili. Si tratta a tutti gli effetti di un impoverimento al quale stiamo assistendo da decenni, senza che nessuno muova un dito.

Questo è un sistema che per effetto delle sue leggi intrinseche genera ricchezza per pochi e povertà per tutti gli altri. Una povertà che ovviamente va misurata non solo sul volume dei bisogni necessari, anch’essi prodotto della storia e del grado di sviluppo produttivo, ma in generale sulla qualità di vita che un simile sviluppo potrebbe garantire se la ricchezza prodotta fosse diversamente distribuita.

Noi invece vediamo come questo sistema modelli le nostre vite e plasmi le nostre menti, ci privi del lavoro e del suo scopo, trasformi il tempo libero in ozio debilitante e privo di gioia, secondo la logica di un fondamentalismo economico assurdo.

Si tratta di una crisi sociale che da molti decenni, forse secoli, non è mai stata così radicale e diffusa, che non può più essere spacciata come inevitabile sottoprodotto della civiltà industriale, come attributo inevitabile dell’”opulenza”. Questo sistema, a fronte dell’enorme produttività e ricchezza che ha creato, mostra di essere completamente fallito socialmente, impossibilitato per sua natura a promuovere uno sviluppo sano e felice della società nel suo complesso e che anzi ci sta trascinando verso il disastro più completo, probabilmente verso conflitti ancor più ampi e distruttivi rispetto al passato.


All’origine di tutto questo stanno le contraddizioni che fanno capo al modo di produzione capitalistico e alle sue leggi, mai riconosciute dagli economisti borghesi. Questi ideologi, poiché tali essi sono a tutti gli effetti, hanno creduto e a lungo cantato che il capitalismo si stesse finalmente comportando secondo le loro ingannevoli previsioni, dimentichi del passato e delle lezioni di oltre un secolo.

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