giovedì 3 ottobre 2013

La questione fecale


La casa si giudica dal bagno.
Ideal Standard, slogan pubblicitario.

Quest’estate un’amica mi faceva osservare come, in generale, gli asiatici abbiano una “concezione” – la definiva così – diversa dell’igiene rispetto a noi occidentali (non so se intendesse con ciò includere anche gli inglesi).

Forse non tutti sanno che esiste una World Toilet Organization che in questi giorni (2-4 ottobre) sta tenendo un proprio summit in Indonesia, a Surakarta (nota anche con il nome di Solo), Giava Centrale. I vertici precedenti si sono svolti a Seul, Taipei, Pechino, Shanghai, Belfast, Mosca, Bangkok, Nuova Delhi, Macao, Philadelphia, Hainan e Durban. Ci sono ben 600 partecipanti alloggiati presso il Sunan Hotel e 40 espositori di attrezzature e prodotti per la pulizia personale e l’igiene. Il logo del summit, stilizzato, corrisponde efficacemente al tema del convegno.



Quello dell’igiene personale è un problema serio in quanto 2,5 miliardi di persone, praticamente il 40% dell’umanità, ancora nel XXI secolo non dispone di servizi igienici. Ciò provoca non solo danni alle persone, dato che un milione di bambini al mondo muore ogni anno di diarrea e sono decine di milioni le persone che si ammalano a causa delle conseguenze della mancanza di servizi igienici o del loro cattivo stato, ma anche un non trascurabile danno ambientale di cui si parla poco. Pensiamo solo al fatto che in Indonesia 63 milioni di persone defecano tutti i giorni en plein air. Il presidente dell'Indonesia Toilet Association (ATI), Naning A. Adiwoso, ha sottolineato come per molte persone i cellulari siano “più importanti dei gabinetti”, e manchi “la consapevolezza dell'importanza dei servizi igienici”.

Questa mancanza di consapevolezza, a volte fatta passare sotto la voce usi e costumi, non manca solo in Asia, ma è assente anche in gran parte dei paesi d’Europa e anche negli Usa o in Canada, dove l’uso del bidet, per fare un esempio noto, è sconosciuto. I francesi, i quali fanno un uso sconsiderato di essenze profumate (Napoleone ne consumava a litri quotidianamente) e di deodoranti, se gli capita di andare al cesso poi non usano il bidet. Possiamo dunque ripetere quanto disse il medico Edwin Chadwick a Napoleone III, ossia che Parigi è “linda di sopra e sconcia sotto”. De Sade fa dire a Dolmancé, rivolto alla signora di Saint-Age: “Badate innanzitutto di farvi sempre masturbare il clitoride quando vi sodomizzano: niente si sposa bene come questi due piaceri; evitate il bidé o di detergervi con un panno, dopo essere stata fottuta in questo modo” (*). Lascio agli amanti del genere scoprire cosa scrivesse nel 1891 Paul Verlaine nella Triologia erotica.

Anche noi italiani siamo arrivati tardi alle virtù dell’igiene e al piacere di “sentirsi in ordine”, come dicevano le suorine di un tempo non lontanissimo. L’igiene personale fu per le italiane una tardiva acquisizione (per molti maschietti un traguardo irraggiungibile ancor oggi). È vero che la pulizia del corpo era il più salutare degli ornamenti e costituiva lo specchio del candore dell’anima, come dicevano le nostre mamme preparandoci per andare a messa o a dottrina, tuttavia i lavaggi erano cauti e spesso parziali, e il bagno caldo si faceva (chi lo faceva) una volta alla settimana.

A tale riguardo rammento due letture, una di Rossana Rossanda, che nella sua autobiografia ricorda: “Eravamo addestrate a lavarci da capo a piedi e a rate in un lavandino e un bidet portatile, che più tardi avrebbe accolto le prime tracce rosate del mio sangue mestruale” (**). Negli anni Trenta questa era una condizione piuttosto comune a Venezia, dove si svolge la scena, molto meno nelle campagne dove spesso mancava anche il minimo indispensabile per l'igiene.

Un altro libro interessante da cui cogliere lo spirito del tempo (chiamiamolo così) è quello scritto a quattro mani da Federico Zeri e Roberto d’Agostino nel quale si raccontano diverse storielle d’igiene, senza risparmiare le classi alte. Nel libro si racconta come anche Mussolini facesse il bagno e cambiasse la biancheria non più di una volta la settimana, facendo largo uso di colonia (***).

Questo dettaglio è confermato da Gore Vidal, il quale descrive l’unica occasione in cui vide Mussolini, alle Terme di Caracalla, in occasione della Turandot: “Siamo seduti all’aperto in un palco recintato, sotto il caldo cielo scuro. Nel palco accanto, Mussolini, con addosso un’uniforme bianca. Al primo intervallo, lui si alzò e rese omaggio alla soprano. Il pubblico applaudì. Quindi lasciò il palco. Passandomi accanto, sentii l’odore di una forte colonia” (****). Dunque, anche il duce degli italiani si lavava poco e profumava molto.

Sono le sei passate, m’è venuta voglia di una doccia.


(*) Opere, La filosofia nel boudoir, Mondadori, 99.

(**) La ragazza del secolo scorso, Einaudi, 22-23.

(***) Sbucciando piselli, Mondadori.
(****) Palinsesto, Fazi, 99.

Nessun commento:

Posta un commento