martedì 24 settembre 2013

La finzione democratica


Da quando Dio è morto e la rivoluzione sociale non alimenta più i sogni, le sfide e il desiderio di chi teme ora di perdere posizioni, anche la speranza sembra tramontata nelle schiere mercenarie del capitale. Solo così è possibile spiegare il prevalere in Occidente di un sapiente miscuglio di pessimismo e cinismo generalizzato tipico delle epoche di grande crisi, quelle di passaggio tra un vecchio mondo che non vuol morire e quello nuovo che annuncia l’imminenza del diluvio.

In attesa che la ripresina aiuti i consumi e questi aiutino la ripresina, che il senato dichiari decaduto Berlusconi dopo che questi ha dichiarato estinto lo Stato, che un governo inerte succeda a un altro, che la Chiesa recuperi ruolo e offra protezione al gregge, in attesa ancora che Obama valuti se dichiarare guerra per cento gasati e non per centomila crivellati di piombo, insomma incurante dei mali che ognuno patisce, così come della curva variabile dei mercati, il processo storico va avanti.



I tempi storici travalicano i tempi biologici della nostra esistenza, e a questo limite d’ordine naturale possiamo far fronte con delle proiezioni sui cicli storici, seguendo le contraddizioni del ciclo economico e politico è possibile cogliere i temi strategici dello sviluppo, leggendo correttamente i mutamenti in atto possiamo anticipare le linee generali delle più marcate tendenze.

Ecco i fermenti sociali in atto in diversi continenti, un ampio movimento di lotta di classe che vede impegnate le borghesie sulla pelle di centinaia di milioni di anime comuni, nuovi salariati agitarsi nelle piazze chiedendo di entrare a far parte della rete di più ampi consumi, insomma di non patire e morire in cambio di nulla. Sull’altra sponda c’è chi subisce la ristrutturazione industriale che colpisce soprattutto occupazione e salari, e quella dei bilanci statali che trasferisce la previdenza sociale agli speculatori di borsa.


Questo è il mondo che non avremmo voluto ma che abbiamo accettato, sicuri che non ci restasse altro da fare che obbedire a coloro che al più alto livello ci dicevano – ricordate? – meno stato e più mercato, così andrà per il meglio. In nome della cura di bilancio si possono gettare tante persone in mezzo a una strada, nella miseria, o costrette ad emigrare in Germania e perfino, di nuovo, in Australia. E tutto ciò avviene come se fosse normale, rendendo lecito con disinvoltura e disattenzione un dispotismo esercitato sulla finzione democratica di un popolo sovrano.

1 commento:

  1. Platone: “una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica è di essere governato da esseri inferiori”.

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