mercoledì 7 agosto 2013

L'ostacolo


La fine del tunnel semplicemente non c’è – lo sanno bene Saccomanni e Letta –, la crisi non è più solo un dato strutturale del ciclo capitalistico ma un dato irreversibile. Le bugie hanno le gambe corte, e infatti secondo l’Istat, rispetto a giugno 2012, il dato della produzione industriale resta negativo, -2,1%. È la ventiduesima flessione tendenziale consecutiva. E nel secondo semestre dell'anno va giù anche l'agricoltura, insieme a industria e servizi, che viceversa nei trimestri precedenti aveva retto. Un disastro su tutta la linea e la disoccupazione aumenta e la cassa integrazione dilaga. Sono invece tutti d’accordo sul disegno della borghesia, ossia che a pagare la crisi devono essere i salariati e i piccoli pensionati.


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Se guardo all’Italia con gli occhi di chi crede ancora che questo paese sia riformabile ed emendabile, cioè con lo sguardo di chi non vede la realtà se non nelle forme dell’allucinazione mediatica, vedo sulla via delle riforme un gigantesco ostacolo che porta il nome di Berlusconi.

Basta togliersi dagli occhi quest’immagine, per constatare che Berlusconi esiste solo in quanto prodotto specifico di determinati e diffusi interessi, abile nel far leva sulle molle sociali dell’individualismo italico e del convenzionalismo antistatalista, ma che egli sia l'ostacolo sulla via del cambiamento, rimosso il quale molto andrebbe per il verso giusto, è tutto da dimostrare.



Noi vediamo come, nello scontro politico tra opposte fazioni, prevalga l’aspetto ideologico, emozionale e mediatico, ossia tutto tranne la sostanza di questo potere. Tanto è vero – paradossalmente – che il partito politico (non la parte politica tout court!) che dice di contrapporsi a Berlusconi, ha fornito innumerevoli prove d’intelligenza con il nemico condividendo nella sostanza molti degli interessi della parte politica e sociale di Berlusconi.

Quanti provvedimenti legislativi che gridano vendetta al cielo ha votato il Pd assieme al Pdl? E non solo da quando sono al governo assieme, cioè da tre anni, ma da sempre!

E quando il Pd per salvare la faccia non poteva votare a favore delle leggi scritte a palazzo Grazioli, trovava il modo di far mancare artatamente in aula i suoi deputati. E anche quando il centrosinistra variamente denominato è stato al governo, ne ha combinate di tutti i colori e dolori. Serve ancora ricordare che non ha mai nemmeno tentato una legge sul conflitto d’interessi, e invece ha garantito – rivelazione di un suo autorevole esponente – il salvacondotto a Berlusconi per il proprio monopolio televisivo, così come non ha mai revocato le leggi “ad personam”?

In vece del Pd, ha supplito la magistratura, come potere separato, nella battaglia contro Berlusconi, il quale gaglioffo non ha mancato di offrire i motivi per le sue incriminazioni.

Vorrei vedere in quale altro paese d’Europa un governo sostenuto da un partito di cui è presidente e deus ex machina un condannato per frode fiscale, concussione e prostituzione minorile, in altri procedimenti con imputazioni gravissime, sarebbe durato un giorno di più. E difatti, non essendoci più limite all’ignobile e vergognosa sceneggiata, e pur di mantenere in piedi il governicchio, si permette a quel galantuomo di ingiuriare la magistratura e ricattare apertamente il presidente della Repubblica a reti unificate in nome di una falsa riconciliazione.

Il problema evidentemente non è costituito di per sé da Berlusconi, protagonista senz’altro di uno spettacolo osceno, ma è determinato dalla natura di questo sistema, dal malaffare politico e da ragioni sociali ben note.

Un sistema politico che è un concentrato d’interessi non di rado contraddittori e che prevalgono su tutto, da quelli “atlantici” ed “europeisti”, industriali e bancari, della criminalità qualificata, dell’illegalità diffusa in cui ci sta dentro di tutto, dai privilegi corporativi alle bustarelle per consentire l’abusivismo e finanche il parcheggio in divieto di sosta.

Se proprio la vogliamo buttare dal lato nobile della faccenda, non c’è un partito che nemmeno nominalmente sappia farsi – come si diceva un tempo – interprete delle istanze sociali di quella parte del Paese che chiede il cambiamento. E ancora una volta il motivo è assai semplice e fin quasi banale: il Pd, che non può vantare una storia ma solo un inventario cospicuo di fallimenti, ha accettato l’assetto sociale capitalista come un dato di fatto storicamente immutabile, non solo nel tempo breve ma anche come prospettiva a lungo termine.

La componente del partito proveniente dal Pci – un partito peraltro a vocazione interclassista – non solo non è mai stata comunista (horribile dictu), ma, come osserva Rossana Rossanda, i suoi esponenti non sono nemmeno dei keynesiani, tanto è vero, soggiungo, che essi si fanno superare a sinistra perfino da un soggetto proteiforme come Grillo e dal suo nebuloso mentore.

Questa banda di ex sinistrati e di demoni-cristiani, di confusionisti e mediocri attori, rappresenta un caso clinico anche per un altro fatto, ossia perché sanno perdere le elezioni anche quando le hanno già vinte. Più che un partito è un comitato elettorale di tutti  contro tutti, e non bisognerà attendere molto per averne l’ennesima prova.


Berlusconi saprà scapolarsela in qualche modo anche stavolta, perché di lui gli inetti hanno un grande bisogno. Non ne possono più fare a meno, ammirandolo e invidiandolo. Ciò che li tiene assieme sono i comuni interessi. E l’egolatra non si lascerà passare l’occasione di una prima rivincita.

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