venerdì 26 aprile 2013

Non c'è nulla da aggiungere

"E la politica sa fare solo tweet".
S.Rodotà, 23-4-2013



L’unica verità di questo mondo è la morte, e nulla può riportare in vita i morti. Tutto il resto è opinione. La storia di questo paese, per com’è raccontata, è mistificata fin dai suoi presupposti se dei perfetti reazionari cantano Bella ciao con i bambini, se il più fascista dei leader politici governa da decenni d’accordo o in coalizione con la “sinistra”.



Un filo nero lega i vari periodi della storia di questo paese, quello del trasformismo delle sue classi dirigenti, un assoluto record europeo. Si può constatare ogni giorno, ma il 25 aprile di ogni anno si può apprezzare ancora di più. E più passano gli anni, seppelliti anche i sopravvissuti di quella e di altre storie, maggiore è la confusione fomentata ad arte.

Nasce da un malinteso, ossia che questa repubblica abbia ancora qualcosa a che spartire con la lotta partigiana, coi valori e le speranze dai quali nacquero le repubbliche partigiane della Carnia, del Piemonte, dell’Emilia. Chi diceva «L’Italia è un laboratorio deltotalitarismo moderno»? E chi scrisse: «Craxi distrusse la socialdemocrazia, il PCI si è suicidato, un cataclisma di cui perdurano ancora gli effetti. Abbiamo perso il primato della libertà e oggi comanda l’uso privato e autoritario delle istituzioni. La società si è decomposta, il Paese rischia il disfacimento»?

E uno che già anni or sono diceva queste cose poteva mai essere eletto presidente della repubblica? Noi viviamo in un inganno durevole. Scrivevo il 13 gennaio 2011 su questo blog a proposito degli operai della Fiat, ma la cosa può essere ben generalizzata:

Gli operai hanno paura di perdere l’unica fonte del loro sostentamento, i loro timori vanno quindi compresi, specie se la paura è sapientemente alimentata ogni giorno dal padrone, quello che guadagna 38.800.000 euro medi l’anno. Temono anche di non poter garantire ai loro figli un futuro di ordinaria e pacifica schiavitù. Un futuro che i loro figli in televisione reclamano con gli slogan del vecchio liberalismo, come quando si dolgono di non avere più un “ascensore di promozione sociale”. Diverso il discorso sulla dirigenza sindacale e quella politica di “sinistra” (della quale il galantuomo Rodotà non ha più voluto far parte), ma sul discredito e il disprezzo che la circonda non c’è più nulla da aggiungere.

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