domenica 14 aprile 2013

La libertà come prodotto dello sviluppo storico, cioè della conoscenza e della lotta



La libertà non consiste nel sognare l'indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l'esistenza fisica e spirituale dell'uomo stesso: due classi di leggi che possiamo separare l'una dall'altra tutt'al più nell'idea, ma non nella realtà […]. La libertà consiste dunque nel dominio di noi stessi e della natura esterna fondato sulla conoscenza delle necessità naturali: essa è perciò necessariamente un prodotto dello sviluppo storico (*).

Molto chiaro dunque: la libertà basata sulla volontà non significa altro che la capacità di poter decidere con cognizione di causa, secondo le necessità della natura, non irrazionalmente contro di essa. La libertà è un prodotto dello sviluppo storico, e dipende dal grado di dominio che abbiamo della natura e con essa di noi stessi.


Se abbiamo a cuore la trasformazione del mondo dal regno della necessità a quello della libertà, quindi se vogliamo dare un giusto indirizzo all’organizzazione della lotta politica di classe, dobbiamo tenere in debito conto questa premessa essenziale.

Si pone perciò la domanda: in quale rapporto stanno gli strumenti della conoscenza in nostro possesso, dunque le modellizzazioni concettuali del mondo naturale e sociale di cui ci serviamo per conoscere, con la realtà oggettiva? Le risposte che Marx ed Engels danno a questo interrogativo costituiscono il contenuto materialistico e dialettico della teoria del riflesso attivo, e per altro aspetto costituiscono il presupposto della teoria delle formazioni ideologiche.

Nel post precedente si è visto ciò che nessuno di noi ormai si sente di negare, pena cadere nei vecchi vizi del pensiero:

-       la realtà esiste indipendentemente dalle nostre sensazioni e dalle idee che ci facciamo di essa, cioè dalle forme della nostra conoscenza di essa;
-       le idee, ossia il pensiero, i suoi processi, non sono altro, come dice Marx, “che l’elemento materiale [la realtà esterna] trasferito e tradotto nel cervello degli uomini”.

Non è stato facile arrivare a queste determinazioni, ma infine l’umanità sembra esserci riuscita. Dico sembra perché l’empirismo logico ha lungamente dominato e attecchisce facilmente, privilegiando il “trasferito” piuttosto che il “tradotto”, in modo che i dati percettivi verrebbero assolutizzati e il rispecchiamento della realtà sarebbe una conseguenza immediata.

Marx ha scoperto il vaccino contro l’idealismo e l’empirismo. Egli pensa che lungo la catena “elemento materiale, sensazioni, percezioni, conoscenza concettuale” si svolge un processo di traduzione/elaborazione socialmente influenzato attraverso la mediazione dei linguaggi. E questo tanto che si percorra la catena in senso ascendente che discendente (vedremo), poiché l’attività verbale di pensiero non è un processo immateriale poiché, scrive, “l’elemento stesso del pensare, l’elemento della manifestazione vitale del pensiero, il linguaggio, è di natura sensibile” (**).

Il cervello umano si serve della sensazione e del linguaggio per stabilire connessioni e rapporti, per effettuare astrazioni o sintesi, in funzione della soluzione di determinati problemi della sua vita. Nel post precedente s’è visto come esso si serva all’uopo di strumenti anche psicologici per raggiungere i suoi scopi.

La traduzione/ricostruzione della realtà nel cervello dell’uomo sociale per mezzo del linguaggio, implica anche il percorso inverso, ossia dall’immagine linguistica all’elemento materiale, allo spazio reale. È un punto importante questo. Dice Marx in una delle sue Tesi: Nella prassi l’uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere del suo pensiero.

In questo processo che si rinnova continuamente il linguaggio funziona come necessaria mediazione strumentale della prassi, tanto nell’appropriazione dell’oggetto (la realtà sensibile) mediante il pensiero, quanto “nell’attività conforme allo scopo” della sua trasformazione. Strumento dell’attività di pensiero e dell’attività trasformatrice, quindi, indissolubilmente ad esse unito e pur, allo stesso tempo, distinto.

Il materialismo volgare (e dio sa quanta influenza esercita) concepisce l’”attività di pensiero” come attività neurofisiologica del cervello; è bene precisare che i processi neurofisiologici che si svolgono nella corteccia cerebrale sono soltanto la forma in cui si esprime il pensiero nel sistema biologico, non il pensiero dell’uomo stesso. Questo equivoco porta a “studi” e “risultati” veramente paradossali e a volte comici. Non è il cervello in quanto tale a pensare, bensì sempre solo il cervello di un uomo concreto che produce la propria vita materiale e spirituale in una ben determinata formazione economico-sociale. Al di fuori della rete di rapporti sociali entro e per mezzo della quale agisce l’uomo sulla natura esterna e sulla propria natura, non si dà alcuna attività di pensiero. Altra forma di riduzionismo è quella che considera pensiero e linguaggio la stessa cosa. Ne riparliamo un’altra volta.


(*) Engels, Anti-Düring, cap. XI.

(**) Manoscritti. Terzo mss: Proprietà privata e comunismo. Il passo, nella sua interezza, è questo: L'uomo è l'oggetto immediato della scienza naturale; infatti la natura sensibile immediata per l'uomo è immediatamente la sensibilità umana (espressioni equivalenti), immediatamente come l'altro uomo presente a lui in modo sensibile, dato che la sua propria sensibilità si costituisce per lui stesso come sensibilità umana soltanto attraverso l'altro uomo. Ma la natura è l'oggetto immediato della scienza dell'uomo; il primo oggetto dell'uomo - l'uomo - è la natura, la sensibilità; e le forze essenziali sensibili particolari dell'uomo, allo stesso modo che possono trovare la loro realizzazione oggettiva soltanto in oggetti naturali, possono altresì trovare in generale la conoscenza di sé soltanto nella scienza degli enti naturali. Di natura sensibile è pure l'elemento stesso del pensiero, l'elemento della manifestazione vitale del pensiero, il linguaggio. La realtà sociale della natura, la scienza umana della natura, la scienza naturale dell'uomo sono espressioni equivalenti.

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