giovedì 24 gennaio 2013

Un paese sospeso



Non c’è più vergogna, scomparso anche il senso del ridicolo. Succede non da oggi, certo, ma forse mai come in questi anni. Ce n’è per tutti, non serve nemmeno leggere Dagospia, ormai i giornali on-line fanno concorrenza a quel sito. Senza essere moralisti ma solo schifati. Il magistrato che ricatta il transessuale per avere rapporti con lui in ufficio, oppure le più che disinvolte operazioni finanziarie della terza banca italiana con distribuzione di mazzette milionarie e il successivo salvataggio della stessa banca con i soldi delle nostre imposte. Uno scandalo quello di Mps noto da molto tempo ma ora utile per la campagna elettorale. Per non parlare delle candidature per le prossime elezioni, dei programmi politici che promettono aria fritta. Soprattutto il più completo disinteresse per le questioni vere, quelle che non riguardano solo l’economia (i cui temi sono trattati con molta improvvisazione). Per esempio le carceri e quel codice penale che da mezzo secolo si dice di voler riscrivere daccapo. Quello che ci interessa davvero è l’intrattenimento, la battuta, il lazzo e la pernacchia. C’è la “notizia” sull’ex sindaco arrestato per tangenti e ora allontanato da un torneo di scacchi perché si faceva suggerire le mosse tramite auricolare, ma di ciò che succede nel mondo non c’è quasi traccia, al massimo la lettura di qualche agenzia. Lavorare stanca, lo sanno anche i giornalisti, gli inviati specialissimi in questi giorni alle prese con la trasferta nella Versailles del capitalismo: Davos. Sembra di vivere in un paese sospeso e che non riesce a esprimere una coscienza civile autentica, un interesse che vada oltre l’immediato e il particolare.

Ieri sera ho effettuato uno dei miei sondaggini alla buona su ciò che sta avvenendo in Mali: l’ho chiesto a persone di un certo rilievo professionale e di queste nessuna ricordava il nome del paese africano oppure non aveva la più pallida idea di cosa stia succedendo e perché. Al più ripetono ciò che sentono in televisione: terrorismo islamico. Già, l’uso della “forza lavoro” dei Tuareg contro Gheddafi ora si ritorce contro gli interessi occidentali, com’era successo in Afghanistan con l’impiego di altri musulmani. Adesso questa etnia è meglio organizzata e armata grazie agli apparati bellici ereditati dalla guerra di Libia e sta facendo guerra alle altre etnie (i Mandinga e altri) che governano il paese: una situazione, un cliché, ben noto e che trova le sue motivazioni nello scontro con il potere centrale per il controllo sulla proprietà della terra (diritto fondiario). Da un lato c'è l'MLNA (Mouvement National de Libération de l'Azawad) che mira a consolidare l'indipendenza dall'Azawad dal Mali; dall'altro lato c'è Ansar Dine, gruppo islamista che controlla la città di Timbuctu e mira ad instaurare nell'intero Mali la legge islamica e che può contare sull'apporto di rinforzi provenienti soprattutto dalla Nigeria, dalla Libia e dai paesi limitrofi.


L’Africa detiene un terzo delle riserve mondiali di minerali, una proporzione che aumenta a più del 70% per alcune risorse come il ferro, il manganese, il platino o la bauxite. Il Mali è un paese poco densamente abitato, ma è quattro volte l’Italia, un territorio arido e poco agricolo, ma con giacimenti di sicuro interesse: fosfati, ferro, molto oro estratto dalle sabbie del Sahel, diamanti, petrolio, uranio, bauxite, manganese, ecc. E a Bourakèbougou – secondo alcune fonti – si troverebbe un enorme giacimento di gas a soli 107 m di profondità. Oltre che per le materie prime, il Mali svolge un ruolo importante dal punto di vista geostrategico e non è mistero che i francesi hanno interesse a difendere anche l’uranio del Niger dalle minacce islamiche. Inoltre, nel Mali hanno un mercato di sbocco per le loro merci, anche se il principale partner commerciale del paese è la Cina. L’impero globale è solo un modo per accrescere gli utili, come sa bene anche l’Eni. Il ministro delle miniere del Mali, Amadou Baba Sy, ha firmato, il 18 dicembre 2012, un decreto attestante l’acquisizione da parte dello Stato del blocco 4 del bacino di Taoudeni, precedentemente concesso a ENI e Sonatrach (Sipex), multinazionale algerina (2° esportatore di GNL e GPL e 3° esportatore di gas naturale del mondo) dallo spodestato presidente Amadou Toumani Touré. In Mali è presente anche l’immancabile Glencore, la multinazionale svizzera delle materie prime. Il nuovo governo del Mali ha annunciato all’inizio del 2012 di voler aumentare la sua partecipazione nelle miniere dal 15 al 25%.

3 commenti:

  1. la stampa e l'informazione televisiva che concorrono, ogni giorno ,a rendere più squallido il racconto delle miserie della nostra politica , stanno chiudendo un occhio di fronte a ciò che sta accadendo in Mali . Pochi sanno che il Governo ha chiesto e ottenuto l'appoggio del Parlamento per un sostegno logistico in Mali che consiste nel mettere a disposizione vettori aerei per il trasporto di truppe e attrezzature. Come sempre alla faccia dell'articolo 11 della nostra Costituzione . Ovviamente le Forze Armate ringraziano ; parte perchè stufe e annoiate di aspettare un attacco nemico , parte perchè così possono giustificare l'aumento delle spese militari dal 18 al 28% voluto , l'anno scorso , dal governo Monti e appoggiato da quello stesso Bersani che ,oggi, sostiene di voler tagliare le spese per l'acquisto degli F-35 con annessi ombrelli.....

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  2. di contro la stampa ha dedicato ampio spazio alla notizia relativa al decennale della morte di Gianni Agnelli , celebrato come un evento straordinario e reso ancora più importante dalla partecipazione - davvero imperdibile- del nostro Presidente della Repubblica . del resto anche lui deve pur fare qualcosa per giustificare i 235 milioni che lo Stato spende ogni anno per il Quirinale.ciao Olympe

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