martedì 18 dicembre 2012

Liberamente



Non se la possono proprio permettere un’astensione massiccia dal voto. Questo regime deve poter continuare a sostenere – specie in questo momento in cui il sistema è allo sbando – che agisce e si pronuncia in nome del popolo italiano. Non importa per chi voti, ma che tu vada a votare (*). Sarebbe davvero imbarazzante e soprattutto destabilizzante se anche nel resto del territorio nazionale alle prossime elezioni accadesse ciò che si è visto recentemente alle regionali siciliane (aspetto sul quale è calato il silenzio più completo). Possono permettersi, come in passato, una decina di milioni di astenuti, non di più.

Stanno correndo ai ripari, hanno richiamato in servizio i migliori servitori del regime. Quelli che decantano la costituzione truffa, quella stessa che nei suoi articoli al primo comma fissa un principio e poi, al comma successivo, lo revoca rinviando il tutto a leggi ordinarie, ossia alla discrezionalità dei padroni di turno. È il caso, tra i tanti, dell’articolo 21, quello sulla libertà di stampa.

Al primo comma dice: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Quello che poi segue cambia tutto. Per stampare e diffondere qualsiasi pubblicazione ci vuole l’autorizzazione del tribunale. Un magistrato può disporre il sequestro di qualsiasi pubblicazione per le ipotesi di reato più fantasiose, come quelle di “offesa al pudore”, di “vilipendio”, “istigazione” e “apologia”. Fino a epoche non remote nel codice Rocco in vigore nella democratica repubblica c’era ancora il reato di “istigazione all’odio di classe”! Pochi sanno a tale proposito che il fascismo, avuto il potere, si sbarazzò della stampa avversaria strozzandola economicamente con continui sequestri preventivi.

Per quanto riguarda le altre forme di diffusione del pensiero, basti osservare che la radio e la televisione sono state per decenni monopolio dello Stato, cioè dei partiti. Oggi questi mezzi di comunicazione, quando non sono controllati dai partiti, sono in mano al monopolio economico. La stessa stampa, se vuole sopravvivere, è soggetta all’aiuto economico e discrezionale del governo che di anno in anno stabilisce la misura e le modalità per accedere ai contributi. E ogni anno minaccia di non darli, in tal modo tenendo sulla corda i giornali.

Nei teatri vigilava la questura e i carabinieri, i quali in qualsiasi momento potevano interrompere gli spettacoli (chiedere ragguagli a Dario Fo). Per il cinema è esistita, sempre per decenni, una commissione di censura. Oggi non ce n’è più bisogno, poiché non esiste più un’effettiva opposizione al sistema e anche laddove ci fosse sarebbe marginale e insignificante. Del resto ci pensa Benigni a falsificare, come quando in un suo film a liberare Auschwitz non sono già le truppe dell’Armata rossa ma i carri armati Usa. Ciò gli è valso l’Oscar.

Oggi le élite dotate di un effettivo senso critico costituiscono un aspetto minimo della realtà sociale, nello spettacolo mediatico non è più necessario un controllo censorio e preventivo come un tempo, infatti nel corso di questi decenni è stato plasmato un pubblico il cui gusto è assolutamente adeguato al messaggio dominante, laddove il dominio della merce è diventato culto consolidato della merce, veicolo dell’ideologia.

(*) Con una legge elettorale di cui ancora ieri il presidente della repubblica ha detto: «Fatto imperdonabilmente grave è stato fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità». Una delle tante cose su cui i propagandisti del voto sorvolano. 

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