venerdì 17 febbraio 2012

La crisi è il modo normale in cui funziona il capitalismo

di Giorgio Agamben, la Repubblica


Per capire che cosa significa la parola "futuro", bisogna prima capire che cosa significa un' altra parola, che non siamo più abituati a usare se non nella sfera religiosa: la parola "fede". Senza fede o fiducia, non è possibile futuro, c’è futuro solo se possiamo sperare o credere in qualcosa […].

Ma la nostra, si sa, è un’epoca di scarsa fede o, come diceva Nicola Chiaromonte, di malafede, cioè di fede mantenuta a forza e senza convinzione. Quindi un' epoca senza futuro e senza speranze - o di futuri vuoti e di false speranze. Ma, in quest' epoca troppo vecchia per credere veramente in qualcosa e troppo furba per essere veramente disperata, che ne è del nostro credito, che ne è del nostro futuro? Perché, a ben guardare, c’è ancora una sfera che gira tutta intorno al perno del credito, una sfera in cui è andata a finire tutta la nostra pistis, tutta la nostra fede. Questa sfera è il denaro e la banca  […] è il suo tempio. Il denaro non è che un credito e su molte banconote (sulla sterlina, sul dollaro, anche se non - chissà perché, forse questo avrebbe dovuto insospettirci- sull’euro), c’è ancora scritto che la banca centrale promette di garantire in qualche modo quel credito. La cosiddetta "crisi" che stiamo attraversando - ma ciò che si chiama "crisi", questo è ormai chiaro, non è che il modo normale in cui funziona il capitalismo del nostro tempo – è cominciata con una serie sconsiderata di operazioni sul credito, su crediti che venivano scontati e rivenduti decine di volte prima di poter essere realizzati. Ciò significa, in altre parole, che il capitalismo finanziario – e le banche che ne sono l’organo principale - funziona giocando sul credito – cioè sulla fede - degli uomini. Ma ciò significa, anche, che l’ipotesi di Walter Benjamin, secondo la quale il capitalismo è, in verità, una religione e la più feroce e implacabile che sia mai esistita, perché non conosce redenzione né tregua, va presa alla lettera. La Banca – coi suoi grigi funzionari ed esperti – ha preso il posto della Chiesa e dei suoi preti e, governando il credito, manipola e gestisce la fede – la scarsa, incerta fiducia – che il nostro tempo ha ancora in se stesso. E lo fa nel modo più irresponsabile e privo di scrupoli, cercando di lucrare denaro dalla fiducia e dalle speranze degli esseri umani, stabilendo il credito di cui ciascuno può godere e il prezzo che deve pagare per esso (persino il credito degli Stati, che hanno docilmente abdicato alla loro sovranità). In questo modo, governando il credito, governa non solo il mondo, ma anche il futuro degli uomini, un futuro che la crisi fa sempre più corto e a scadenza. E se oggi la politica non sembra più possibile, ciò è perché il potere finanziario ha di fatto sequestrato tutta la fede e tutto il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Finché dura questa situazione, finché la nostra società che si crede laica resterà asservita alla più oscura e irrazionale delle religioni, sarà bene che ciascuno si riprenda il suo credito e il suo futuro dalle mani di questi tetri, screditati pseudosacerdoti, banchieri, professori e funzionari delle varie agenzie di rating. E forse la prima cosa da fare è di smettere di guardare soltanto al futuro, come essi esortano a fare, per rivolgere invece lo sguardo al passato. Soltanto comprendendo che cosa è avvenuto e soprattutto cercando di capire com’è potuto avvenire sarà possibile, forse, ritrovare la propria libertà. L’archeologia – non la futurologia – è la sola via di accesso al presente.

3 commenti:

  1. "La crisi non è un infortunio del nostro sistema economico, ma il prodotto necessario delle sue leggi di funzionamento più elementari. Del modo in cui nella nostra società sono ripartite la proprietà e la ricchezza, del modo in cui si scambiano le merci e si adopera il denaro".
    "La crisi non solo non è un problema per il sistema, ma è il solo modo attraverso cui il sistema può risolvere i propri problemi, e riprendere a funzionare senza intoppi. Anche se comunque il suo funzionamento regolare è soltanto una tregua, più o meno breve, prima della prossima crisi".

    da...IL CAPITALISMO E LA CRISI di Vladimiro Giacché
    (Scritti scelti di Karl Marx) Ed. Derive Approdi.

    http://www.deriveapprodi.org/2009/09/il-capitalismo-e-la-crisi/

    Considero questo libro, veramente "illuminante" per chi voglia capire e scoprire la/le crisi del capitalismo, da testi scelti sul tema della crisi, di K.Marx, ma anche per l'ottimo lavoro svolto dal saggio introduttivo di Giacchè, nell'esemplificare le ricerche, e le scoperte di Marx, in un linguaggio semplice, ed accessibile a...quasi tutti.
    Cordiali saluti.

    Luigi

    P.S.1
    Mi piacerebbe cara Olympe, che lei dedicasse qualche post, alla caduta tendenziale del saggio di profitto, e ai fattori di controtendenza, che controbilanciano la diminuzione del saggio di profitto, nel linguaggio più semplice possibile, ed accessibile a...quasi tutti.
    Grazie e cari saluti.

    P.S.2
    Se lo ha già fatto, mi segnali i link, grazie.

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  2. provi a digitare: diciottobrumaio caduta tendenziale del saggio del profitto

    comunque meglio leggere marx, è chiarissimo:

    http://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_3/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_III_-_13.htm

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