domenica 15 gennaio 2012

La decisione politica



Ho letto con curiosità l’editoriale di Eugenio Scalfari di oggi. Da quando è caduto il governo Berlusconi è diventato decisamente ottimista, ben oltre i fatti. Dubito che nei suoi editoriali egli sveli ai propri lettori tutto ciò che invece i fatti testimoniano con evidenza.

L’Unione monetaria europea avrebbe dovuto rappresentare, nella volontà dei paesi membri ma soprattutto della Germania, un blocco economico in grado di farsi garante dei propri cospicui interessi nell’arena internazionale. Ruolo che la Germania da sola non avrebbe potuto giocare per il fatto assai noto che essa è troppo potente in Europa per giocare alla pari con i suoi alleati, ma non è abbastanza potente per giocare da sola nel quadro mondiale.

Appare ogni giorno più chiaro che l’unità monetaria europea di per sé non è costruzione sufficiente a garantire efficacia e stabilità nella contesa multipolare, essendo necessaria un’effettiva governance centralizzata del blocco economico (l'istituzione degli eurobond e i poteri di intervento diretto della Bce anche sui debiti sovrani costituirebbero il necessario corollario), accompagnata magari da un’intesa militare sotto un comando unico (i fatti di Libia hanno dimostrato il contrario). A ciò si aggiunge un’aggravante di non poco conto, e cioè il forte squilibrio dei rapporti di scambio all’interno della UE, in primis a favore dell’export tedesco. Pertanto, in assenza di tali presupposti e in presenza degli accennati squilibri, la crisi di un tale sistema è intrinseca alla sua struttura.

Scrive Scalfari: «La Francia continua ad essere riottosa alla cessione di sovranità dagli Stati nazionali all'Unione; la Germania lo è altrettanto, ma ambedue cominciano a rendersi conto dell'urgenza di un nuovo trattato e della necessità di ridurre al minimo i poteri di veto dei singoli Stati».

Che la Francia si dimostri “riottosa” a farsi mettere sotto dalla Germania è comprensibile; che la borghesia tedesca si dimostri “riottosa” a mettere sotto il proprio bastone l’Europa per garantirsi il predominio, non lo credo e ho motivi per dubitarne. È più probabile voglia dettare le “sue” regole nel condominio, come del resto sta già facendo incautamente e dal lato del solo “rigore”.

Ad ogni buon conto e per farla breve, considero il tentativo di creare un’effettiva direzione politica vincolante la vera decisione politica che ha spinto Standard&Poor's a declassare il debito di numerosi paesi europei. E poco m’importa che proprio Standard&Poor's punti il dito, nelle sue dichiarazioni, sulla necessità di un governo economico europeo. Le due cose non sono in contraddizione tra loro se non apparentemente e, infatti, Mario Monti l’ha detto chiaro: si tratta di «un attacco contro l' Europa», auspicando «una reazione comune dell’Europa».

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