domenica 8 gennaio 2012

12 anni: condannato all'ergastolo


di Marco Cinque – il manifesto, 5-1-2012

Un bambino di 12 anni, arrestato e ammanettato alla stregua di un criminale incallito, poi condannato all'ergastolo senza possibilità di liberazione. Succede negli Stati uniti, dove il piccolo Cristian Fernandez, afroamericano della Florida, è in cella da ormai quasi un anno.
La storia di Cristian è la stessa di tanti altri bambini americani che come lui vivono in condizioni drammatiche di povertà ed emarginazione con sua madre, Biannela Marie Susana, che lo mise al mondo quando lei stessa aveva appena 12 anni. Oggi Marie Susana ha 25 anni e quattro figli, avuti da diversi uomini.

I fatti che hanno portato alla condanna risalgono al 14 marzo 2011, giorno in cui David Gallariago, 2 anni, batté violentemente la testa contro una libreria dopo essere stato percosso, e non era la prima volta, dal fratello Cristian. Quando la madre rincasò trovò il bimbo privo di sensi, ma attese alcune ore prima di decidersi a portarlo in ospedale. Là fu diagnosticata un'emorragia cerebrale che nel giro di due giorni provocò la morte di David. Assieme a Cristian è stata dunque arrestata anche sua mamma, tuttora detenuta, e anche lei ora rischia una condanna a 30 anni di reclusione.

A buon senso, tra le vittime di questa triste vicenda ci sono proprio Cristian e Marie Susana, per non parlare degli altri due bambini ora privati della loro famiglia. Molti si sono affannati a descrivere l'aggressività di Cristian come un fattore quasi lombrosianamente innato, un bambino-mostro pericoloso per la comunità. Certo non sarà «facile» un bambino che ha subito brutali violenze fisiche e sessuali dal patrigno, in una famiglia dove la nonna era tossicodipendente e il padre naturale arrestato per abusi sessuali sulla madre e sparatosi poi in testa sotto gli occhi della famiglia per evitare l'arresto. Gli psicologi che hanno esaminato Cristian lo hanno trovato emozionalmente sottosviluppato, ma hanno anche affermato che se dato in affidamento a strutture specializzate, potrebbe essere adeguatamente recuperato.
Non di questa opinione è stata la procuratrice Angela Corey, rapresentante l'accusa, convinta con la sua inflessibilità di rendere più sicuro lo stato della Florida. La sorte di un bambino e di sua madre sono nelle sue mani. In Italia si sta occupando del caso il Comitato Paul Rougeau (prougeau@tiscali.it); è possibile leggere e firmare la petizione a questo indirizzo: www.change.org/petitions/reverse-decision-to-try-12-yo-cristian-fernandez-as-an-adult.

Facciamo in modo che il piccolo Cristian Fernandez e la sua giovane madre non vadano a rinfoltire le statistiche che vedono gli Stati uniti al primo posto nella classifica mondiale delle incarcerazioni. «il grado di civiltà di una nazione si misura dalle sue prigioni», affermava Voltaire, e forse dalle voci che avranno il coraggio di levarsi contro questa barbarie giudiziaria e umana.

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Il sistema giudiziario degli Stati uniti è molto attento alle procedure formali, molto meno alle questioni sostanziali. È possibile che chi si macchia di crimini atroci la faccia franca grazie a costosi avvocati che si concentrano su cavilli procedurali, mentre si può finire dal boia pure se i fatti indicano l'innocenza del condannato.
Tra le leggi americane troviamo casi di razzismo manifesto, come per la Major crime act, legge federale ancora in vigore che, in parole povere, permette la condanna a morte anche in uno stato americano che non prevede la pena capitale se l'autore del crimine è nativo-americano. intanto la legge Anti-Terrorism and Effective Death Penalty Act ha portato i reati punibili con la morte da 2 a circa 60. Poi c'è la cosidetta «legge del terzo colpo»: al terzo reato commesso uno è inevitabilmente condannato all'ergastolo. La prima vittima è stato un ragazzo appena diciottenne, Larry Fisher, condannato a vita per aver commesso tre piccoli furti per totale 611 dollari. E ancora la famigerata Law of Parties (Legge delle Parti), che punisce anche i complici dei criminali, estendendo il concetto di «complice» a chiunque ha a che fare col crimine commesso anche indirettamente o senza saperlo. Gli Usa, dai dati dello stesso Dipartimento di giustizia, hanno la popolazione carceraria in percentuale più alta al mondo: 2,1 milioni di cittadini sono in prigione, cioè uno ogni 138 americani. Più che i tassi di criminalità, negli ultimi anni in calo, forse si spiega con un vero business delle sbarre, con parecchie carceri private persino quotate in borsa.

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