venerdì 4 novembre 2011

Un fallimento chiamato declino



Anche le agenzie controllate dai rappresentanti politici dell'aristocrazia americana sono costrette ad ammettere che le condizioni di vita della maggioranza del popolo americano sono disastrose. Nelle ultime settimane una serie di rapporti sulla povertà, i salari, la disuguaglianza di reddito e la mobilità sociale, offrono un ritratto dell'America decisamente in contrasto con il mito di una terra di illimitate opportunità economiche e del paese con il più elevati standard mondiali di vita. Naturalmente questi dati e tale quadro passa in gran parte sotto silenzio.

Si tratta di cifre che dimostrano il forte aumento delle disparità sociali tra le classi, laddove coloro che lavorano e producono tutta la ricchezza hanno sempre meno, mentre coloro che raccolgono i profitti di questo lavoro e svolgono un ruolo parassitario, distruttivo e reazionario, vedono le loro ricchezze accumularsi a livelli sorprendenti.

Due rapporti inquadrano meglio la drammatica polarizzazione sociale in America. Secondo i dati pubblicati dalla Previdenza sociale (Social Security Administration) il 20 ottobre, il reddito medio dei salariati nel 2010 era di 26.364 dollari, non molto di più che il livello ufficiale di povertà che è di 22.025 per una famiglia di quattro persone. Dato che una famiglia nella realtà quotidiana negli Usa è ritenuta in difficoltà anche con un livello doppio di reddito rispetto a quello ufficiale di povertà, non è esagerato dire che il rapporto mostra una situazione che coinvolge la maggioranza assoluta del popolo americano.

Dall'altro lato, i dati del Congressional Budget Office, studio pubblicato il 25 ottobre, dimostra che l'1 per cento più ricco delle famiglie americane ha visto un aumento del 275 per cento del proprio reddito tra il 1979 e il 2007 e più che raddoppiata la loro quota del reddito nazionale. In sostanza, mentre il reddito di questa classe sociale è quasi triplicato, quello del 60 per cento della popolazione salariata è aumentato solo del 40 per cento in più di 28 anni, e il reddito delle classi più povere, il 20 per cento della popolazione, è aumentato solo del 18 per cento, cioè ben al di sotto del tasso d’inflazione.

Altri dati d’interesse: il tasso di disoccupazione per i lavoratori di 55 anni o più, è raddoppiato dal 2007, e il periodo medio trascorso senza lavoro è triplicato; l'importo dei prestiti concessi agli studenti nel 2010 ha raggiunto i 100 miliardi (sì miliardi) di dollari, la cifra più grande mai raggiunta per un solo anno, e il debito complessivo concesso agli studenti ha superato i 1000 miliardi di dollari nel 2011, superando il totale del debito delle carte di credito. Gli studenti sono indebitati il doppio di quanto non lo fossero solo dieci anni fa. Una volta laureati sono costretti a tornare a vivere con i genitori perché non riescono a trovare un lavoro abbastanza remunerativo per mettersi in proprio.

La mobilità geografica in America è scesa al livello più basso dal 1948, un riflesso della perdita di opportunità soprattutto per i giovani. La gente a causa della crisi del mercato immobiliare ha gravi difficoltà a vendere le proprie abitazioni nel caso si debba trasferire per lavoro e quindi non può acquistarne di nuove. Nell'ultimo decennio il numero di americani che vivono in quartieri estremamente poveri ha subito un drastico aumento, con le aree periferiche che hanno visto un tasso di crescita della povertà due volte più rapido rispetto alle città. La percentuale dei quartieri molto poveri è aumentata in 300 delle 360 aree metropolitane americane, in particolare le aree povere sono salite di oltre un terzo nell’ultimo decennio.

Un sondaggio della Gallup ha rilevato che tre quarti dei salariati americani sono preoccupati di non poter essere in grado di nutrire se stessi o le loro famiglie; sempre secondo i dati della Gallup di dimostrato che i lavoratori americani trovavano sempre più difficile ottenere cibo, abitazioni adeguate e una decente assistenza medica. Ciò indica una profonda crisi sociale e una trasformazione storica immensa per gli standard americani. Il declino del capitalismo americano si manifesta anche nel decadimento della sua base industriale, nella condizione delle strade e delle altre infrastrutture sociali, la chiusura di scuole, biblioteche, ospedali e altri servizi pubblici.

Naturalmente i soliti relativisti a buon mercato diranno che il reddito pro capite americano (cosa diversa del reddito pro capite per fasce sociali) è ancora tra i più elevati del mondo e tenderanno quindi non tanto a negare il "declino", cosa troppo evidente, ma a nascondere la portata di tale realtà e cioè del fallimento di qusto modello economico. 

1 commento:

  1. Siamo cosi orgogliosi della nostra presunta superiorità intellettuale che siamo letteralmente accecati da non capire come soltanto il duro lavoro manifatturiero (il LAVORO) porta prosperità economica. Le troiate sulla ricerca, innovazione e know-how sono una *conseguenza* dello sviluppo di una società non la causa. Prima serve il capitale e il capitale si accumula LAVORANDO duramente: ma come convincere un popolo con tanti diritti e privilegi a LAVORARE duramente? Troppi professori, ingegneri, venditori, liberi professionisti e troppo pochi LAVORATORI e spesso eccessivamente tutelati.
    Troppi servizi inutili, troppa burocrazia, troppa scuola e troppo poco LAVORO.
    Ecco questa è la causa del nostro declino. Finiremo in miseria ma resteremo attaccati ai nostri privilegi, mentre i Cinesi che pensano solo a LAVORARE ci domineranno. Il nostro modello è fallimentare, è una favola per bambini: l'unica verità è che un popolo per guadagnarsi una vita dignitosa deve sacrificarsi duramente, ogni altra opzione è destinata a portare alla miseria.

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