sabato 8 ottobre 2011

I filibustieri del Britannia 2


«Il Berlusca - così Tremonti ha chiamato il premier - non vuole ascoltarmi. C'è un disegno internazionale contro il nostro Paese con l' obiettivo di spogliarlo di suoi asset più prestigiosi, a partire dalle banche. Aiutatemi per farglielo capire».

È il grido d’allarme di Tremonti. In realtà c’è dell’altro, com’è scritto in un articolo di Isabella Bufacchi e Carlo Marroni su Il Sole 24ore del 13 settembre dal titolo eloquente: «Tremonti vara il piano “Britannia 2”». Inutile cercare nell’archivio del quotidiano, l’articolo non c’è. Ve lo propongo, senza commento.

«Questa volta l'incontro non si farà su una nave, ancorata al porto di Civitavecchia. Ma con ogni probabilità nel palazzo di Via Venti Settembre. Già, perché quello annunciato ieri dal ministro Giulio Tremonti entro fine mese non sarà semplicemente un "seminario" sulle dismissioni del patrimonio pubblico, ma una vero e proprio 'Britannia 2'. In questo incontro con i grandi investitori italiani e internazionali e il gotha del sistema bancario e delle investment banks globali saranno passati in rassegna gli asset pubblici che possono essere valorizzati o alienati, partendo dal patrimonio immobiliare fino alle quote azionarie possedute dal Tesoro (e fors'anche dalla Cassa depositi e prestiti) potenzialmente cedibili al mercato: sicuramente quelle delle utilities a livello locale ma per quanto riguarda i colossi Eni (posseduta direttamente dallo Stato al 3,93% e indirettamente al 26,40% tramite la Cassa depositi e prestiti) ed Enel (posseduta direttamente al 31,24%) - che oggi il Financial Times cita come già inclusi nella lista - resta da vedere se il Tesoro, dopo aver varato da poco un inedito fondo strategico sovrano anche di contrasto all’ingresso non gradito degli stranieri - intenda ora scendere sotto la soglia strategica del 30 per cento che ne assicura il controllo. Britannia è il nome del panfilo dei reali inglesi passato alla storia italica per aver ospitato nel giugno 1992 la riunione in cui l'allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, illustrò ai grandi investitori internazionali il processo di privatizzazioni che sarebbe partito di lì a poco. Le avvisaglie della crisi della lira si facevano già sentire, e bisognava accelerare la vendita di un portafoglio gigantesco, allora racchiuso in Iri, Eni, Ina, Imi. Presto sul mercato le utility locali, ma anche terreni, fabbricati, caserme. Oggi le società sono state vendute (a parte le quote strategiche per l'interesse nazionale, come Eni, Enel e Finmeccanica) ma resta l'imponente patrimonio immobiliare e le utilities locali. Tema quest'ultimo assai delicato per i rapporti con i Comuni e Regioni: con ogni probabilità Tremonti ne ha parlato nell'incontro di ieri con Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Ecco allora lo scopo - spiegano al Tesoro - di questo maxi evento, che raccoglierà a Roma praticamente tutte le principali banche (commerciali e d'affari), compagnie di assicurazione, fondi di investimento, fondi sovrani e fondi immobiliari, naturalmente italiani ma sopratutto internazionali. Con un occhio particolare rivolto ai Brics, i giganti dell'economia come Russia, Cina, India, Brasile, ma anche Turchia, Sudafrica e i paesi del Golfo, che beneficiano ancora di un notevole surplus petrolifero. L'obiettivo è preparare con cura l'evento, con lo scopo di arrivare a decisioni concrete, e quindi 'operative' per il processo di privatizzazione. Gli incassi delle dismissioni, di regola, vengono destinati all'abbattimento dello stock del debito pubblico: questa potrebbe diventare un'importante operazione complementare all'azzeramento del deficit e all'avanzo primario per velocizzare la discesa del debito/Pil verso quota 100. Dell'iniziativa ieri Tremonti - a quanto risulta - ne avrebbe parlato con i vertici della banche incontrati a Milano, nel consueto incontro del lunedì ripreso ieri dopo la pausa estiva. Alla riunione hanno partecipato l'amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, Giuseppe Mussari, presidente dell'Abi e di Mps, Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, e Fabrizio Palenzona, vice presidente di Unicredit per conto della Fondazione Crt. «Abbiamo fatto il punto della situazione» è stato il commento di Ghizzoni, «abbiamo parlato della situazione in generale», ha aggiunto Palenzona».

1 commento:

  1. Maledetti sciacalli.
    E i Lavoratori che fanno?, si fanno infinocchiare dalla Camusso a Roma, che usa il sindacato, solo per smammare il Berlusca.
    Poveri rincoglioniti.
    Dovrebbero iniziare a prendere a calci proprio gente come la Camusso, cioè, coloro che indirizzano il popolo bue, sui falsi obiettivi per i Lavoratori, e sui veri obiettivi immediati loro, dei padroni.

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