martedì 14 giugno 2011

Due pesi e due misure


Le forze armate statunitensi, quelle che nei film hanno la divisa inappuntabile e chiamano “signore” qualsiasi pezzo di merda, stanno conducendo attacchi missilistici, bombardamenti aerei e altri raid assassini con droni, in cinque diversi paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Libia e Yemen. Il pretesto e i pezzi di carta necessari per questi atti di pirateria non sono un problema per chi controlla i più importanti organismi internazionali e networks, così come l’immaginario collettivo.

Il presidente George W. Bush, l’alcolizzato, la cui prima elezione si è pregiata su una truffa elettorale, aveva aggiornato la vecchia dottrina: il diritto dell’imperialismo atlantico di fare la guerra contro qualsiasi paese percepito come una potenziale minaccia, abbracciando il principio della “guerra preventiva”, una forma d’aggressione bellica per la quale i leader sopravvissuti del Terzo Reich furono processati e condannati a Norimberga.

Il suo successore, Barack Obama – il quale deve la sua vittoria elettorale (oltre che agli sponsor delle multinazionali) in larga misura alle dichiarazioni di ripulsa verso le guerre di aggressione lanciate dall'amministrazione Bush in Afghanistan e in Iraq –, dopo l’elezione a presidente ha fatto propria una dottrina che surclassa quella di Bush. Nel giustificare i bombardamenti contro la Libia e il suo esercito regolare, ha sostenuto che gli Stati Uniti sono nel loro pieno diritto di fare la guerra quando reputano essere in gioco i propri "interessi e valori", anche se gli obiettivi per l'attacco non rappresentano una minaccia concepibile per la sicurezza statunitense. È la stessa motivazione dell’attacco hitlerita all’Urss.

Nel suo discorso sulla Libia, Obama ha incluso tra questi valori inviolabili il "mantenimento del flusso commerciale", cioè il flusso di profitti delle compagnie petrolifere statunitensi e di altre società. Lanciando i missili americani sulla Libia quasi tre mesi fa, Obama affermava che Washington agiva in difesa della "Primavera araba" sottoposta a repressione da parte del governo libico. Bisogna aver frequentato i circoli wasp per raggiungere questi livelli d’impunita ipocrisia! Il vero atteggiamento di Washington verso le aspirazioni democratiche dei popoli del Medio Oriente e del Nord Africa hanno trovato espressione inconfondibile nei giorni scorsi in una serie di azioni, una di queste assolutamente sfrontata, tanto da non poter essere sottaciuta nemmeno dal NYT. Obama ha accolto alla Casa Bianca il principe ereditario del Bahrain, Salman bin Hamad bin Isa Al Khalifa, laureato presso l’università americana di Washington e attuale vice comandante delle forze armate.

Il Bahrain è una dittatura monarchica che, con il tacito consenso degli Stati Uniti e l'appoggio aperto e militare del principale alleato di Washington nella regione, l'Arabia Saudita, ha scatenato una spietata repressione (della quale i media occidentali si occupano pochissimo e quelli italiani per nulla) contro il movimento di massa per i diritti democratici, imponendo la legge marziale e uccidendo centinaia di manifestanti, detenendo e torturando migliaia di oppositori. Questi, come ammette lo stesso NYT, chiedevano semplicemente, inscenando delle gioiose e pacifiche manifestazioni, di avere una costituzione scritta e che i loro rappresentati in parlamento contassero qualcosa. Da qui, come detto, un susseguirsi di repressioni, di cacce all'uomo e di torture [vedi foto].

 
Il principe arabo è arrivato pochi giorni dopo che il regime ha iniziato un processo militare contro 47 medici e infermieri, rei di aver portato soccorso a dei manifestanti feriti dalle forze di sicurezza. Questi operatori sanitari sono stati costretti per mezzo di scosse elettriche e percosse a firmare false confessioni. Anche un diplomatico americano che si occupava di diritti umani è stato costretto a lasciare il paese.

In una dichiarazione ufficiale, Obama "ha riaffermato il forte impegno degli Stati Uniti per il Bahrain" – il quale ospita la Quinta flotta imperiale Usa – e ha elogiato il suo monarca per aver abbracciato il "dialogo" e la "riforma". Il presidente Usa ha quindi raccomandato che "l'opposizione e il governo", i torturati e torturatori, cooperino per forgiare un futuro giusto per tutti in Bahrein.

Questo è solo uno dei tanti esempi delle raffinatezze dell’ipocrisia di cui è capace il presidente della più grande democrazia del mondo, premio Nobel per la pace, Barack Obama.

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