venerdì 1 ottobre 2010

Destra, sinistra, centro, alto, basso ...


I burocrati europei che si ritrovano attorno al tavolo dell’ecofin sono dei compari in commedia. Nelle dichiarazioni destinate al pubblico si sostengono l’un l’altro con mezze verità che, messe in fila una all’altra, rivelano la grande bugia di fondo. Un maestro di questa commedia è Giulio Tremonti, il quale continua a ripetere che per l’Italia, per il suo enorme deficit, non c’è particolare preoccupazione.
«Visto che la crisi - ha affermato Tremonti a margine della riunione dell'Ecofin - è venuta dalla finanza privata, e non da quella pubblica, che è vittima e non carnefice, siamo convinti che per l'Italia un conteggio algebrico tra attivi e passivi ci metta in zona di sicurezza. Dunque, quando ci rivedremo tra tre anni per valutare la situazione del debito, può darsi che non dovremo fare niente».
Dunque: tra tre anni; forse non dobbiamo fare nulla; ma soprattutto il “conteggio algebrico tra attivi e passivi”, cioè tra debito pubblico e debito privato, ci mette al sicuro (“zona di sicurezza”).
Salvo scoprire che non è così, anzi è proprio l’opposto.
Scrive Il Sole 24ore: «Le nuove regole [qui], se approvate imporranno percorsi di riduzione impegnativi sull'indebitamento-Pil, e il tutto oggi ha innescato diverse domande su quelle che saranno le possibili ripercussioni per l'Italia. Ma risposte rassicuranti sono giunte anche dal commissario agli affari economici, Olli Rehn, che ha elaborato le stesse proposte di riforma: nell'esaminare i debiti dei paesi si terrà conto anche del debito nel settore privato, che in Italia è basso. E in ogni caso, se la penisola inizierà da adesso a ridurre disavanzo e debito, “non dovrà affrontare questi nuovi elementi del patto di stabilità”, ha aggiunto Rehn».
Ma non è così. La procedura europea con le relative sanzioni non scatta solo se viene rispettato il nuovo vincolo di un taglio del debito pubblico che eccede il 60% del pil nella misura del 5% l'anno come media negli ultimi tre anni.
Il rapporto debito/Pil per l’Italia, nel 2011, sarà al 119%, ben distante dal 60% previsto dal trattato. Scrive il quotidiano di Confindustria: «in teoria, per non rischiare procedura e sanzioni quando la regola entrerà in vigore (presumibilmente nel 2014), dovranno cominciare nel 2011 a ridurre debito pubblico. Cioè fra pochi mesi».
Ciò significa che l’Italia sarà obbligata, almeno per una dozzina d’anni, a ridurre mediamente del 5% l’anno il proprio deficit. Cosa non realistica e improponibile.
Chiosa ancora il quotidiano: «La sicurezza di Tremonti deriva da un fatto: nella valutazione del debito saranno tenuti in considerazione altri «fattori rilevanti» per la sua sostenibilità e tra questi fattori c'è anche il debito privato. In Italia è basso e se si tiene conto anche dell'alto tasso di risparmio, della tenuta del sistema bancario, della riforma delle pensioni già fatta, le conclusioni sul debito pubblico potrebbero essere diverse da quelle che si immaginano sulla base dei semplici calcoli relativi al solo debito/pil».
Perciò, si ostina a dire Tremonti, non si terrà conto solo del rapporto debito/Pil, ma anche del basso debito privato italiano. «In sostanza, l'Italia non teme di essere sottoposta a una procedura Ue e di essere sanzionata in futuro. Questa linea “sta passando”, dice Tremonti». Manco per il cazzo!
Chiude Il Sole 24ore: «Il diavolo, come sempre, si nasconde nei dettagli e non a caso il commissario Olli Rehn ribadisce che ai fini della procedura europea il debito privato deve essere tenuto in considerazione limitatamente all'impatto sul debito pubblico e non in quanto tale. Si sa che la Germania è su questa linea».
In Spagna e in Portogallo i salariati se ne sono accorti di questo giochino, cioè di chi deve pagare i costi della crisi dopo che gli affaristi hanno fatto man bassa per decenni; in Italia, invece, l’attenzione è catturata ancora dagli appartamenti privati di 50 mq venduti ai cognati.
Destra o sinistra, Berlusconi o Bersani, ovvero chiunque sieda in futuro a Palazzo Chigi, in fatto di politica economica non potrà che adeguarsi a quanto verrà stabilito in questi giorni da chi comanda veramente. Posto che un rientro medio del 5% del deficit non è realistico, si tratterà pur sempre di far stringere la cinghia ai soliti noti. Viceversa le sanzioni saranno pesanti, anche per quanto riguarda i trasferimenti dalla UE a sostegno dell’agricoltura, infrastrutture, ecc..
A Berlusconi, se troverà una soluzione concordata per i suoi guai giudiziari, conviene andarsene nelle sue ville a godersi pupe e champagne.

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