giovedì 30 settembre 2010

Che ci frega?


Naturalmente si parla prevalentemente d’altro nei media, e anche Santoro questa sera parlerà di cose diverse da quelle che seguono.
Così come i ladri, martedì notte si sono riuniti i ministri delle finanze dei 27 stati dell'UE, presente il padrone della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet e il presidente dell'Unione Europea Herman Van Rompuy. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble aveva già scritto una lettera a tutti i partecipanti esigendo dure sanzioni contro i paesi che violano le norme europee in materia di bilancio. Chiede ammende e la revoca delle sovvenzioni dell'Unione europea, nonché la revoca dei diritti di voto nel massimo organo della UE, il consiglio dei ministri.
Schäuble non è riuscito a far passare le sue proposte, data la resistenza dei paesi dell'Europa meridionale e, per altre ragioni, del ministro francese delle finanze Christine Lagarde, che si opponevano a sanzioni automatiche. Tuttavia i ministri delle finanze si sono detti d’accordo, in linea di principio, con sanzioni che dovrebbero essere significativamente inasprite per i paesi con debiti eccessivi.
Cosa significa in concreto? Ieri il commissario europeo Olli Rehn ha presentato un pacchetto di leggi per il cosiddetto rafforzamento del Patto di stabilità per quanto riguarda l’euro. Propone un "freno all'indebitamento", simile al modello tedesco, sanzioni più dure per gli Stati che superano il massimale di disavanzo e gli obiettivi fissati per la riduzione del debito, oltre a pesanti multe per i paesi che non rispettano i nuovi obiettivi.
Se le proposte di Rehn diventeranno operative, i membri dell'UE saranno costretti a fornire una "cauzione obbligatoria" dello 0,2 per cento del Pil. Se poi gli Stati debitori continueranno a non riuscire a raggiungere gli obiettivi di bilancio, quando il nuovo debito supera il 3 per cento del prodotto interno lordo (Pil), questo deposito sarà trattenuto come punizione. Le sanzioni si applicano "semi-automaticamente", cioè la Commissione avrà il potere di attuare il provvedimento senza una decisione del Consiglio, come previsto attualmente e mai verificato nella pratica.
Ma a noi che ci frega? Ci frega, eccome. Un esempio. Il commissario europeo Rehn, bontà sua, cerca anche di ottenere un’influenza diretta sulle politiche fiscali e salariali dei singoli governi. A tal fine, la Commissione intende monitorare le loro politiche economiche e di intervenire non appena si discostano dai principali indicatori economici. Questo includerà anche ordinare tagli salariali.
Nello specifico, i salari del settore pubblico sono ritenuti da questi lazzaroni un elemento essenziale della competitività nazionale. Nel caso della Grecia, per dire, i salari del settore pubblico, considerati troppo alti, sono ritenuti una delle cause della crisi. Non quindi l’acquisto di centinaia di carri armati dalla Germania, di quattro super sottomarini, delle motovedette dalla Francia, ecc., come ho dimostrato più volte in questo blog. Il funzionario della Commissione europea a capo degli affari economici, l’italiano Marco Buti, ha dichiarato: "Se i salari nel settore pubblico incidono negativamente sulla stabilità dei prezzi e della competitività, poiché influenzano fortemente il settore privato, allora ci sarà una chiamata per il paese per correggere questa tendenza”.
È evidente che l'Unione vuole adottare una linea molto dura. Dopo aver ordinato drastici programmi di austerità in Ungheria, Romania, Grecia, Spagna e Portogallo, la pressione è ora maggiore verso gli altri paesi, in primis l’Italia, per ridurre significativamente il livello di vita di ampi strati sociali.
Gli strateghi dell'UE, remunerati profumatamente, operano per conto dei circoli finanziari e commerciali più potenti, i quali insistono sul fatto che il deficit massiccio delle finanze pubbliche derivante dalla crisi economica e i salvataggi bancari, insomma la crisi che essi stessi hanno provocato, è da combattere tagliando salari e spesa sociale. La solita storia.
E ora godiamoci le vignette di Vauro.

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