lunedì 30 agosto 2010

Strozzini


Lo so che è un argomento che non appassiona molti, ma quello che scrive Eugenio Scalfari nei suoi editoriali fa tendenza nel cosiddetto popolo della “sinistra”. E cosa dice Scalfari al di là della boutade sull’economia politica che avrebbe “come tema centrale l’etica” (quella del capitale, ovviamente)?
«Bisogna riconoscere  –  e per quanto mi riguarda l'ho scritto più volte  ­–  che l'economia globale comporta un trasferimento di benessere dall'area opulenta all'area emergente e povera. Si potrà gradualizzare entro certi limiti questo processo, ma è del tutto inutile cercare di arrestarlo».
Ci vorrebbero voglia e tempo per discutere su cosa intende Scalfari per “benessere dall'area opulenta”, ma prendiamo la cosa per come la prospetta: cosa significa in concreto? Che dobbiamo diventare meno “opulenti”, cioè meno ricchi. Chi deve diventare meno ricco? Scalfari, Marchionne e la Marcegaglia oppure i salariati e milioni di pensionati, cassaintegrati e precari? In quest’ultimo caso si tratta di diventare poveri o più poveri, tanto per usare concetti correnti. E per quale motivo il “benessere” di una parte del mondo dovrebbe essere trasferito alle aree emergenti perché esse si possano affrancare dal sottosviluppo? Scalfari non entra nel dettaglio, dice che sarà e deve essere così. Non indaga, per esempio, il ruolo dei paesi emergenti nel quadro del sistema economico dominato dall’imperialismo, non ci dice nulla sui sicari dell’economia, cioè di quelle élite di professionisti ben retribuiti che hanno il compito di trasformare la modernizzazione dei paesi in via di sviluppo in un continuo processo di indebitamento e di asservimento agli interessi delle multinazionali. Basta battere moneta che non è garantita in oro e in tal modo possiamo creare quanti creditori inadempienti, e perciò schiavi, vogliamo. E però Scalfari si sofferma sulle modalità di tale “trasferimento” di “opulenza”, sorvolando sullo strozzinaggio internazionale:
«Il trasferimento può avvenire in vari modi. Uno di essi è l'immigrazione dall'area povera all'area opulenta, un altro è la de-localizzazione della produzione e del capitale in senso contrario, un altro ancora consiste nella ricerca di analoghi trasferimenti di benessere sociale all'interno dell'area opulenta tra ceti ricchi e ceti poveri […]».
Attenzione però, tali delocalizzazioni e trasferimenti tra ceti saranno “accompagnati da ritmi di produttività più intensi nelle aree povere affinché la loro dinamica sociale accorci le distanze con le aree ricche”.
Ritmi di “produttività più intensi”, in Polonia, Serbia, Irlanda,  Romania, e quindi anche in Italia e via elencando. Evidentemente i livelli di precarietà e sfruttamento della manodopera non sono ritenuti congrui, sufficienti, bisogna stringere la morsa della catena, occorre andare oltre! Dov’è la differenza tra Scalfari e Marchionne?
Dopo di che Scalfari si dilunga retoricamente su uguaglianza e diritti. Finge (finge!) di non accorgersi che l'economia è stata sequestrata dalla finanza e che versa in agonia e che tutto finirà in un'esplosione o in una guerra. Come scrive Marx nel brano che ho riportato nel post di ieri, si tratta di “cattiva coscienza e malvagia intenzione apologetica”, dimeri sofisti o sicofanti delle classi dominanti”.

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