sabato 15 maggio 2010

Morte a credito


Una giovane lavoratrice, madre di famiglia, si svena e muore per protesta contro il mancato pagamento degli stipendi nella Asl in cui lavora; dei piccoli impresari edìli e degli artigiani si suicidano perché non ce la fanno più, gravati dai debiti, a far fronte agli impegni; gli operai cassaintegrati occupano un carcere speciale dismesso per protestare contro la chiusura della fabbrica in cui lavorano; quando tutto questo e molto di simile accade, vuol dire che la situazione è severa ma non ancora matura per un cambio di passo. Perché la situazione muti radicalmente la borghesia deve darsi da fare ancora molto sul piano sociale. C’è ancora molto margine prima che si assaltino i negozi e le banche, per lo scontro duro nelle piazze. Però siamo sulla buona strada, ancora un paio d’anni di crisi e di tagli a bischero sciolto e finalmente l’obiettivo sarà raggiunto.
Del resto si è detto che sono i costi della spesa pubblica i responsabili principali del debito e questa idiozia mediatica non è messa in discussione da quasi nessuno.
Rivelatrice è una frase di Giovanni Sartori sul Corriere di ieri:
Una spiegazione supplementare è che in molti Paesi le finanze pubbliche sono disastrate dall’evasione fiscale. Se tutti pagassero le tasse dovute, il debito dello Stato non costituirebbe più un problema.
Non tutti, almeno una parte, diciamo un terzo, di quelli che in Italia non le pagano. Va da sé che ciò servirebbe a bilanciare i conti pubblici, cioè a colmare il disavanzo per interessi (70mld), ma resterebbe aperta la questione della crisi, la quale è, in radice, tutt’altro che finanziaria.

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